Wednesday, April 29, 2015

Daniel Glattauer, "Le ho mai raccontato del vento del Nord"


 – e-book


Lettura:  20-27 aprile 2015

Il mio voto:



Chi ha mai detto che il romanzo epistolare è morto, oppure almeno antiquato, poiché nessuno ha più la pazienza di scrivere lettere? Sicuramente uno che ha dimenticato il fascino delle Lettere persiane di Rousseau, dei Dolori del giovane Werther di Goethe e soprattutto del capolavoro che sia Le relazioni pericolose di Laclos.


Senz’altro uno che non si è reso conto che le lettere abbiano solo cambiato apparenza, cioè supporto materiale – invece di carta, schermo, invece di busta, icone – ma che per il resto restino ancora la più affascinante, la più incitante forma di comunicazione sia nella vita reale, sia nella finzione. Non soltanto perché gli eroi parlano direttamente e il loro dialogo (o monologo se lo scrittore sceglie di far parlare solo uno dei suoi personaggi), porta il romanzo al confine dell’epico e drammatico, finche il ruolo del narratore diventa quasi ridondante nel testo, ma anche perché lascia grandi spazi aperti nella narrazione dove tira, per utilizzare la bella metafora di Daniel Glattauer, il vento di Nord: nonostante il lettore si renda conto dell’esistenza di un’intera vita dietro le scene, la deve ricostituirla nella sua immaginazione, visto che i personaggi offrano scarsamente informazioni parziali e spesso inaffidabili della loro vita non epistolare. E quando si tratta di perfetti sconosciuti, come in nostro romanzo, la tentazione del mistero, della creazione di un no-man’s-land e irresistibile:

Non c'è nessuno intorno a noi. Abitiamo in un non-luogo. Siamo senza età, senza volto. Il giorno e la notte non esistono. Siamo fuori dal tempo. Abbiamo solo gli schermi del computer, rigorosamente top secret, e un hobby in comune: l'interesse per un perfetto sconosciuto.

Credo che la ragione per cui Le ho mai raccontato del vento del Nord non è una nota stonata fra le opere famose che avevo elencato sopra sia proprio questa: la finezza con cui è proseguito il camino inverso di quello che prenda di solito l’amore: no dalla faccia all’anima, ma dall’anima alla faccia… quasi. Un errore d’indirizzo, una busta virtuale inviata nel posto sbagliato ne crea l’opportunità; i primi cambi astuti di parole fanno il resto. In un primo momento, le e-mail sono rifugi – per lui di un amore incerto ma non meno doloroso, per lei di un matrimonio cosi sicuro nella sua felicità che è diventato monotono. Poco a poco, l’intimità cresce e per un po’ le due coppie diventano una sola non perché rinunciano al loro compagno della vita “reale” ma perché si confondono con questi:

Emmi, mi rileggerò tutte le sue e-mail e non saranno più come prima. Finora le ho sempre lette con la voce sbagliata. Le ho sempre lette con la voce di Marlene. Per me Emmi era Marlene, la Marlene dei primi tempi, quando tutto era ancora possibile. C'era solo l'amore, nient'altro.  

E poi i sentimenti si decantano, si intensificano, salvi nel cyberspazio che discolpa, con la sua virtualità, ogni accusa di inganno e tradimento,  fino a quando interviene la voce stonata del marito che all’improvviso riduce la loro relazione a un volgare triangolo coniugale. Quest’intervenzione del marito (sempre par e-mail, ovviamente), forse necessaria per lo scioglimento della storia, io personalmente l’ho trovato non solo forzata ma anche un po’ sgargiante, una concessione alla popolarità a scapito della qualità. Magari è salvata dalla fine, abbastanza aperta da lasciar spazio all’immaginazione del lettore.

Purtroppo questa stessa fine ha lasciato spazio anche a un seguito che l’autore non ha resistito scrivere, stimolato, senz’altro, dal successo del suo romanzo. Non so se leggero o no questo seguito, intitolato La settima onda, dove, se ho capito bene, gli eroi finiscono per incontrarsi. Da una parte, è raro che un seguito sia all’altezza della prima opera, d’altra parte il fascino della storia consiste soprattutto nella sua ambiguità, in un incontro per sempre rinviato, in quei “baci della mente” molto più preziosi dei baci delle labbra. C’è un confine tra reale e ideale che non si dovrebbe mai superare:

Non possiamo vivere quello che scriviamo. Non possiamo sostituire le tante immagini con cui ognuno di noi raffigura l'altro. Io resterò deluso se lei non sarà all'altezza della Emmi che conosco. E non sarà all'altezza! Lei si deprimerà se io non sarò all'altezza del Leo che conosce. E non sarò all'altezza!

È lo stesso confine che separa letteratura dello spreco. Forse il secondo romanzo non l’ha superato, non posso affermarlo senza leggerlo. Ma ne dubito molto.

In ogni caso, se avete voglia di un romanzo grazioso e vivace, che trova il tuono giusto tra commedia e dramma, con eroi svegli e sorprendenti, brevemente se volete leggere un libro leggero senza sentirvi colpevoli di aver perso il tempo con sciocchezze, eccolo qui.

P.S. Infatti, due stelline e mezzo.

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